Le tre preghiere della nave nell'«Evagatorium» di Felice Fabri

Fra Felice Fabri, domenicano di Zurigo († 1502) narrò dei suoi viaggi in mare nell’ Evagatorium in Terrae Sanctae, Arabiae et Aegypti peregrinationem, edito in tre volumi a Stoccarda tra il 1843 e il 1849.
Si imbarcò a Venezia nel 1480 e poi nel 1483 sulla nave del capitano Pietro Lando e, nell’opera ricordò in modo ampio e dettagliato i luoghi attraversati, gli avvenimenti vissuti e le usanze di grande interesse.
Descrisse anche le preghiere che si dicevano a bordo della nave in momenti particolari.

Siamo al paragrafo: “De divino Officio, quomodo in galea peragitur” (dell’ufficio divino, come si debba condurre sulla galea) all’inizio del quale l’autore premette che “dignum enim est in tantis discriminibus et periculis existentes Dei non obliviscantur” (è giusto che in tanti rischi e pericoli non ci si dimentichi dell’esistenza di Dio).
Quindi descrive tre tempi.
La prima preghiera avveniva di mattina al levar del sole. Uno dei servi, stando in alto davanti al castello della nave, imponeva il silenzio con un tubo o flauto (“fistula”), dopo di che esponeva una tavola con sopra dipinta la Madonna con il Bambino in braccio. Vedendola, tutti si inginocchiavano e dicevano l’ Ave Maria e altre orazioni a piacere. Riposta la tavola, i trombettieri iniziavano a suonare con le trombe (lunghe) e tutti si dedicavano alle solite occupazioni (“ad opera solita”).
Prima di mezzogiorno, circa all’ora ottava, si diceva la seconda preghiera. Si copriva la cassa che stava in alto presso l’albero, con un panno bello e vi si poneva a lato due candelabri con sopra delle candele che venivano accese. Al centro di entrambi si sistemava una tavola con il crocifisso e il messale. Tutti i pellegrini salivano verso questa parte della nave e circondavano l’albero. Giungeva quindi il sacerdote con la stola al collo e iniziava il “Confiteor”. Di seguito leggeva il canone, ma non celebrava il sacrificio, cioè la consacrazione. Era la messa detta torrida o arida, cioè secca (“torridas vel aridas”) – aggiunge Fabri per darne la definizione.
E anche se nelle feste si cantava la messa, l’eucarestia non era mai consumata sulla nave. Solo al tempo di papa Gregorio Magno – scrive ancora fra Felice – si celebrava la messa sulle navi e l’eucarestia era conservata per comunicare i fedeli. Così si trova scritto nei Dialoghi riguardo i naviganti sul mare Adriatico. L’uso però non si era mantenuto anche perché era difficile custodire integra l’eucarestia per i rischi della navigazione e altre ragioni che Fabri elenca e sono da ricondurre tutte alle difficoltà del viaggio.
Tornando poi alle preghiere, l’autore ricorda il terzo tempo della lode al Signore: il tramonto del sole, quando tutti si adunavano al punto di riunione della galea e a ginocchi flessi cantavano il Salve Regina, premettendo, quando vi erano particolari angustie, le litanie. Dopo di che con un ‘tubo’ il “camerarius” del signor padrone della nave faceva un segno e porgeva a tutti la buona notte a nome del principale. Si mostrava ancora, come la mattina, la tavola della Vergine e all’ostensione si dicevano tre Ave Maria, nel modo simile a quello serale al suono della campana. Poi ciascun pellegrino scendeva alla sua cuccetta (“ad cumbas suas”).
Quando calavano le tenebre, lo scrittore della galea si metteva in piedi sul castello e iniziava un carmine lungo in lingua volgare italica, aggiungendovi una litania alla quale tutti i galeotti e gli ufficiali della nave con i ginocchi flessi rispondevano. Era tutto molto lungo e si protraeva fino al “quadrantale” (al quarto) della prima ora di notte. Alla fine si ingiungeva che ciascuno dicesse il Padre nostro e l’ Ave Maria per i parenti di San Giuliano.
Era una preghiera che non si ometteva mai anche se era notte fonda. Fabri, che vi presenziava spesso, ne chiese la ragione e ne ebbe la risposta che non si sapeva il perché, ma che in tempi precedenti si dicevano le orazioni in onore di Simone il lebbroso detto San Giuliano. Comunque la fonte di tale usanza era lo Speculum di Vincenzo de Beauvais (teologo domenicano francese, † 1264).
Quando infine la nave giungeva ad un porto, tutti i devoti correvano alla chiesa sulla terraferma per udire la messa ...

Paola Ircani Menichini, 10 gennaio 2023. Tutti i diritti riservati.



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